GIANNA (prima parte) - Pordenone Trasgressiva

GIANNA (prima parte) - Pordenone Trasgressiva

Queste vacanze natalizie mi hanno riportato alla memoria una storia realmente vissuta tanti anni fa...più di quaranta. Man mano che i ricordi affiorano provo una grande nostalgia per quei tempi felici, e non solo per la gioventù ormai passata.

Ero uno studente di medicina iscritto ad una università del nord. I primi tre anni ero riuscito a frequentare le lezioni, benchè abitassi in una località a circa un' ora di macchina. Arrivato al quarto anno, era indispensabile essere disponibili per visite ospedaliere, per assistere ad operazioni o per turni al Pronto Soccorso, tutte attività che richiedevano una presenza più assidua in loco. Dovetti, perciò, cercarmi una sistemazione, una camera ammobiliata nelle vicinanze dell' Ospedale e della relativa Università. La bacheca era piena di annunci di offerte, ma alle mie prime due telefonate, mi venne risposto che l' ospitalità era solo per ragazze Decisi di cambiare tattica: annotai un paio di numeri e mi rivolsi all' azienda telefonica per sapere a chi corrispondevano. Il primo numero era assegnato ad un nome maschile, ma il fatto più interessante era che l' alloggio si trovava vicinissimo all' Università, che avrei potuto raggiungere in non più di 5 minuti, a piedi. Non potevo perdere l' occasione e mi precipitai all' indirizzo fornitomi. Il palazzo era bello, vecchiotto ma elegante, posto in una zona altrettanto elegante. Salii la rampa di scale che portava al primo piano e suonai il campanello. Mi aspettavo di trovarmi di fronte un uomo e invece aprì la porta una signora di altezza media, cicciottella, che indossava una vestaglia e calzava un paio di ciabatte.
"Chi è? Cosa vuole?" chiese con tono aggressivo.
"Mi scusi se mi sono permesso, signora - risposi con il mio miglior sorriso - ho letto sull' annuncio che ha una stanza da affittare...e sono interessato."
"Lei? Ma lei è un ragazzo e io affitto solo a signorine.Se avesse telefonato si sarebbe risparmiato il disturbo."
"Mi scuso nuovamente per non averlo fatto, ma è che la stanza mi serve veramente, e le assicuro che sono una persona seria, e le posso fornire tutte le referenze che desidera, in tal senso."
"Non è questione di referenze -iniziò, per poi- ma entri, venga."
Mi ritrovai in un ingresso spoglio, dall' aria dimessa.
"Beh, mi segua, da seduti si parla meglio."
Mi precedette in una sala da pranzo e, dopo avermi invitato a sedere, lo fece anche lei, proprio di fronte, con il tavolo in mezzo.
"Come le dicevo, non è questione di referenze, che comunque ci vogliono, il fatto è che sono vedova da due anni, senza figli, e beh...sa cosa direbbero le malelingue del palazzo se le affittassi la stanza?"
"Capisco signora, mi creda, ma, la prego...sono al penultimo anno di medicina e ho veramente bisogno di un alloggio vicino all' ospedale. Non le darò nessun fastidio, le assicuro; sarà come se non ci fossi nemmeno. Me ne starò chiuso in camera a studiare mentre lei continuerà tranquillamente la sua vita di sempre, le sue attività.... Sono ordinato, pulito, pago regolarmente l' affitto. E poi, signora, per ogni evenienza meglio avere qualcuno in casa che le possa dare una certa sicurezza, piuttosto che stare da sola, non crede?"
Mi sembrava che cominciasse a cedere.
"Sì, ma poi...lei è giovane...comincerebbe a portare qui le ragazze."
"Ragazze? Le assicuro di no, assolutamente no. Ora penso solo allo studio. Magari qualche volta, sempre di giorno, potrebbe venire un mio compagno per studiare assieme, ma ragazze no, mai, assolutamente."
"Ma...non so...certo, avere un aiuto in caso di bisogno è una bella cosa ma...venga a vedere la stanza, che magari non le piace nemmeno e allora è inutile che stiamo qui a discutere."
La stanza mi piacque subito. Ampia, un misto di studio e salottino. Un comodo letto ad una piazza era sistemato contro la parete, poi c' era una grande scrivania davanti alla finestra e due poltrone.
Riuscii a convincerla. Con il passare delle settimane la sua diffidenza scomparve. Spesso mi invitava a cenare con lei ed io, che di solito al mattino ingurgitavo di fretta un paio di panini, accettavo bel volentieri un buon pasto caldo. Davanti alla tavola imbandita parlavamo di noi (soprattutto lei parlava di sè) e venni così a sapere che era vedova da un paio d' anni. Il marito era stato investito ed ucciso da un' auto pirata che non venne mai trovata. Quando la salutai per tornare a casa per le feste natalizie mi sembrò triste e, per la prima volta da quando ero lì, mi abbracciò forte per farmi gli auguri. Un pò perplesso, ricambiai abbraccio ed auguri.

Dieci giorni passarono in fretta ed il due di Gennaio decisi di accorciare le vacanze e tornare alla mia stanza per riprendere a studiare. Gianna, questo il nome della vedova, sembrava felice di rivedermi e, oltre all' abbraccio, questa volta, dopo avermi fatto gli auguri di buon anno, stavolta mi stampò due baci sulle guance.
Il mattino dopo. sono alla scrivania a studiare, quando sento bussare alla porta:
- Avanti - dico.
La porta si apre e Gianna si affaccia sulla porta. Indossa un accappatoio rosa che le arriva a metà polpaccio.
- Disturbo, dottore? -
Le ho detto più volte che non sono dottore, perlomeno non ancora, ma lei insiste ed io ho smesso di contraddirla.
- Ma no, signora, ma quale disturbo. Dica pure.-
- Ecco, dottore...mentre uscivo dalla vasca da bagno il piede mi è scivolato e ho sentito un forte dolore all' interno della coscia. Mi è sembrato che qualcosa si strappasse e mi fa ancora male. Cosa pensa che possa essermi successo? -
- Beh...così non saprei che dirle. Dovrei verificare, palpare la parte. -
- Se vuole, mi dica dove mi devo mettere. -
- Si sdrai sul letto, mettendosi di fianco. -
Lei toglie le pantofole e fa quanto le ho chiesto.
Io mi avvicino a letto.
- Però, signora, dovrei esaminare la parte. -
Lei mi guarda incerta, poi sospira e...
- Va bene...d' altronde lei è un dottore...-
Scosta un lembo dell' accappatoio rivelando la gamba nuda fino all' anca.
Quel che vedo non mi lascia indifferente. Avevo sempre pensato a lei come una vecchia, ma ora che vedo quella gamba lunga e bianchissima resto per un momento incerto sul da farsi, poi recupero un tono professionale mentre le dico:
- Dunque vediamo un pò: dov' è esattamente che sente dolore? -
Lei porta la mano all' inguine.
- Qui, all' interno della coscia.-
Porto la mano sul punto indicato.
- Qui? -
- No, non proprio. -
Afferra delicatamente la mia mano e la porta sul punto dolente. Così facendo, anche l' altro lembo dell' accappatoio si scosta quel tanto da permettermi di osservare la rada, sottile peluria biondo rossiccio che orna il monte di Venere.
La particolarità della sua pelle così chiara e del colore rosso dei capelli e della peluria deriva dalla madre slava. I genitori, come mi aveva raccontato, erano profughi dell' Istria che avevano dovuto abbandonare la loro casa quando lei era poco più di una bambina.
Tasto delicatamente il punto e, così facendo, il dorso della mano è a contatto con il suo inguine. Le chiedo di muovere la gamba e di dirmi se le fa male in fase di carico o di rilascio. La sua risposta mi conferma trattarsi di un risentimento tendineo, leggero ma da non trascurare. Potrei concludere la visita, ma sono preso da una crescente curiosità.
- E' grave? - Chiede
- No, grave no ma...."
- Ma???..." chiede con tono preoccupato.
- Per essere più sicuro dovrei vederla deambulare.-
- Cioè? -
- Dovrebbe camminare avanti e indietro, così posso rendermi meglio conto del problema.-
- Va bene, come vuole.-
Scende dal letto, indossa le pantofole e mi chiede cosa debba fare.
- Deve semplicemente camminare, lentamente, fino al muro e tornare indietro.-
Fa un passo, quando la fermo.
- Così, però, non posso capire granchè. Dovrebbe togliere l' accappatoio.-
Esita un paio di secondi, poi, seza guardarmi, toglie l' accappatoio, facendolo cadere sul letto.
- Così va bene? - Chiede
Sotto l' accappatoio, essendo uscita dal bagno, è completamente nuda.
- Perfetto. Ora, camminando lentamente, arrivi fino al muro e torni indietro. -
Lei inizia, un passo dopo l' altro, lentamente come le ho chiesto. Zoppica leggermente ma non è quello che attira la mia attenzione. Davanti a me, una donna matura ma molto, molto interessante, con una bella schiena che termina su un paio di glutei alti, rotondi e sodi. Certo, non è il fisico ancora acerbo delle ragazze con cui faccio sesso di solito, ma quei pochi chili in più sono, ben distribuiti. Arriva al muro, si volta e torna verso di me. Per pudore (o civetteria) nasconde i seni con l' avambraccio, e l' altra mano copre il pube.
- Scusi, capisco il suo imbarazzo, ma io dovrei vederla camminare con le braccia lungo i fianchi. -
Quando toglie il braccio che nascondeva il seno, fatico a non manifestare l' emozione che provo. Due seni alti, pieni, grandi, con due incredibili capezzoli color rosa fragola. Più in basso, i fianchi pieni e il triangolo di pelo del pube, da cui si intravvedono due grandi labbra carnose, prominenti.
Arriva alla mia altezza.
- Va bene così, dottore, o devo fare un altro giro?-
- No, basta così. Si sdrai, mentre cerco una crema per curarle il tendine. -
Vado al cassetto della scrivania dove tengo una piccola scorta di medicinali, tutti "campioni gratuiti" e scelgo una crema. Quando torno verso il letto, noto che lei ha indossato nuovamente l' accappatoio, prima di stendersi.
Prendo una sedia e l' avvicino al letto. Quindi le chiedo di scoprire la gamba e di divaricarla quel tanto che basta perchè io possa massaggiare la parte con la crema.
Lei lo fa senza esitare. La gamba e parte dell' inguine sono scoperti.
Premo un pò di crema sulle dita e inizio il massaggio, che eseguo con movimento rotatorio. Non posso evitare di passare e ripassare il dorso della mano sulla vulva. Ad un certo punto, lei diventa rossa in viso, si copre velocemente con l' accappatoio e si precipita giù dal letto e fuori dalla stanza biascicando un...
- Grazie, dottore, ora va molto meglio. Grazie ancora.-
- Cavolo - penso fra me - potevo stare più attento. Stai a vedere che ora mi dice di cercarmi un' altra stanza. Questo sarebbe un grosso, grosso guaio.

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